L’International Center for Political Studies è un prestigioso think tank ucraino che ha sede a Kiev e che gode di una buona fama per le sue analisi serie ed equilibrate e per la sua capacità di proporsi come forum di discussione sulle questioni politiche interne ed internazionali dell’Ucraina in grado di attirare ai propri eventi nomi importanti della politica ucraina, delle rappresentanze diplomatiche straniere presenti nel Paese e del mondo degli affari.
Il 28 maggio è stata organizzata la prima tavola rotonda nell’ambito di un nuovo progetto di analisi sulle questioni energetiche. Il progetto è finanziato dall’Ambasciata Britannica.
Il titolo dell’incontro è stato Strategic priorities for increasing Ukraine’s energy security through 2030. All’evento hanno preso parte molti ospiti illustri tra i quali Ivan Plachnov, ministro ucraino dell’energia dal 2005 al 2006; molti rappresentanti delle Compagnie energetiche presenti nel Paese; alcuni membri della delegazione della Commissione Europea e rappresentanti di alcune missioni diplomatiche.
Poichè in quel periodo mi trovavo a Kiev ho avuto la possibilità di prendere parte alla tavola rotonda. Seppur l’incontro sia durato non più di tre ore ho avuto la possibilità di ascoltare molte cose interessanti a proposito di un settore importante per l’Ucraina quale quello del gas di cui vorrei brevemente dare conto.
In gas we trust!
Durante gli interventi fatti dai vari ospiti sono state fornite tutta una serie di informazioni che vale la pena ripetere al fine di fornire un quadro più chiaro della situazione.
L’Ucraina possiede un sistema di trasporto e distribuzione (il primo è parte integrante del secondo) che è un tra i più lunghi al mondo (38000 km circa) ed il suo sistema di stoccaggio, con i suoi 34 miliardi di m², è il più grande d’Europa dopo quello russo.
Tale network rappresenta uno dei più importanti asset economici e strategici del Paese, per una serie di motivi:
1) circa il 75% del gas che la Russia esporta in Europa transita attraverso l’Ucraina (ed i progetti South e North stream saranno in grado di diminuire tale percentuale non più del 25%);
2) circa il 20% del gas che l’Europa consuma transita nelle condutture ucraine,
3) l’economia ucraina, il cui sistema è altamente inefficiente sotto il profilo dei consumi energetici, ha un disperato bisogno del gas per tenersi in piedi;
Questo sistema è gestito dalla compagnia di Stato Naftogaz, una compagnia che ha più volte evitato la bancarotta solo grazie all’intervento provvidenziale del governo.
La profonda corruzione che affligge il Paese, che nel settore del gas raggiunge livelli indescrivibili, combinati con la cronica assenza di capitali da parte di Naftogaz hanno impedito l’implementazione di un programma generalizzato di modernizzazione del sistema, il cui costo si aggira attorno ai 4.6 miliardi di dollari.
Il problema è che il sistema sta diventando sempre più obsoleto. Se si tiene conto del fatto che le autorità ucraine, nel 2004, hanno stabilito che l’aspettativa di vita di una conduttura è di 33 anni, capiamo che la situazione è abbastanza seria perchè il 21.2% dei tubi aveva già superato quel limite, il 65.8% aveva un’età compresa tra i 10 e i 33 anni e solo il 13% si trovava sotto i 10 anni di vita.
Il sistema di trasporto e distribuzione ucraino necessita dunque, per rimanere efficiente e credibile, di riforme profonde. Questo è il punto su cui tutte le persone che hanno preso parte alla tavola rotonda concordavano senza riserve poichè la situazione attuale, anche tenendo conto dello sconto sul gas che i russi hanno accettato di concedere, è ritenuta insostenibile.
In modo schematico potremmo elencare le idee più significative emerse nel corso del dibattito nel modo che segue:
1) E’ stata sottolineata con forza la necessità di creare un’ autorità pubblica di regolazione che goda di poteri reali e dell’indipendenza necessaria per mettere ordine nell’attuale situazione caratterizzata da una scarsa trasparenza e da una eccessiva frammentazione del processo decisionale. Questo probabilmente richiederà delle modifiche alla Costituzione e non è chiaro se il governo voglia/possa intraprendere tale passo;
2) E’ stato denunciato il fatto che mentre l’Unione Europea punta su un processo di liberalizzazione e la Russia sulla concentrazione monopolista, l’Ucraina sembra incapace di capire quale sia il modo più efficiente di servire i propri interessi nazionali. La causa di ciò è stata individuata nell’ assenza di una politica energetica nazionale degna di questo nome che sia al passo con i tempi.
3) Si è ribadito con forza la necessità di implementare riforme economiche volte a rendere l’economia ucraina più efficiente. Ad oggi il sistema produttivo ucraino consuma una quantità di gas eccessivo rispetto a ciò che produce. Non è possibile dunque attuare riforme del sistema di trasporto e distribuzione del gas lasciando inalterata la struttura economica del Paese.
Conclusioni
L’importanza del sistema di trasporto e distribuzione del gas ucraino è difficilmente sottovalutabile e l’attuale situazione in cui versa, non critica certo ma sicuramente problematica, rappresenta una grande incognita per la sicurezza energetica europea e per le vendite russe. Come tutti i presenti hanno convenuto, sono necessari degli interventi strutturali seri e rapidi al fine di modernizzare un sistema che gioca e giocherà un ruolo centrale nella sicurezza energetica del continente.
Sia ben chiaro che quella che attende l’Ucraina è una sfida molto grande: non si tratta solo di una questione di affari ma soprattutto di credibilità politica di fronte ai partners internazionali poichè gestire un tale sistema è un onore ma anche un onere. In ballo c’è dunque la credibilità del Paese. Resta da capire se le elite politiche ed economiche ucraine avranno la capacità di rispondere costruttivamente a questa sfida o se porteranno avanti una politica di sfruttamento della gallina dalle uova d’oro fino ad ucciderla.
Molto significativamente nessuno tra i presenti si è sbilanciato facendo previsioni sulla capacità ucraina di riuscire in tale impresa.
* Alessio Bini è dottore in Relazioni internazionali (Università di Bologna)