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Chi ha paura del nucleare civile iraniano?

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Fonte: http://www.voltairenet.org/article166133.html, 30.06.10


Per Thierry Meyssan, il dibattito sull’esistenza di un possibile programma di armamenti nucleari iraniano è una cortina fumogena. Le grandi potenze hanno fermato il trasferimento di tecnologia dalla caduta dello Scià e la rivoluzione islamica ha condannato il principio della bomba atomica. I pretesi sospetti occidentali non sono che trucchi utilizzati per isolare uno Stato che mette in discussione il dominio militare ed energetico, delle potenze nucleari e il loro diritto di veto nel Consiglio di sicurezza.


La Casa Bianca ha emesso un comunicato stampa che spiega, ai giornalisti, cos’è la risoluzione 1929 del Consiglio di Sicurezza [1]. Il contenuto di questo documento – e la vasta campagna di comunicazione che l’ha sostenuto – è stata ripresa, come al solito, dai grandi media occidentali, senza alcuna critica. Secondo la stampa occidentale – vale a dire secondo la Casa Bianca, di cui la stampa funge da pappagallo – la risoluzione è stata adottata da “una larga base” ed è “una risposta al rifiuto costante dell’Iran a rispettare i suoi obblighi internazionali sul suo programma nucleare“. Vediamo cos’è. Dei 15 membri del Consiglio di sicurezza, 12 hanno votato sì (compresi i 5 membri permanenti), 1 s’è astenuto e due hanno votato contro [2]. Questa “ampia base” maschera in realtà una nuova divisione: per la prima volta nella storia del Consiglio, un blocco di paesi emergenti (Brasile e Turchia, sostenute da tutti i paesi non allineati) s’è messo contro i membri permanenti (Cina, USA, Francia, Regno Unito e Russia) e i loro vassalli. Così, questa “unanimità meno due voti” esprime in realtà un divario tra l’esecutivo dei Big Five e ciò che dobbiamo chiamare di nuovo il Terzo Mondo (per analogia con il Terzo Stato [3]), vale a dire coloro il cui parere non conta.

Il Brasile ha giocato un ruolo centrale nella stesura del Trattato di Tlatelolco, che rende l’America Latina una “zona libera dalle armi nucleari“. La Turchia sta lavorando attivamente per fare del Medio Oriente un’altra “zona libera dalle armi nucleari“. Nessuno dubita che questi due stati siano sinceramente contrari alla proliferazione delle armi nucleari. Non c’è dubbio che sia la Turchia, che condivide una frontiera comune con l’Iran, ad essere particolarmente vigile nell’evitare che Teheran acquisisca armi nucleari. E allora perché hanno votato contro la risoluzione 1929? Come vedremo, il problema posto dalle grandi potenze è una cortina fumogena per mascherare un dibattito di merito, in cui l’Iran e i Non-Allineati mettono in discussione i loro privilegi.

Il mito della bomba iraniana

All’epoca dello scià Reza Pahlevi, gli Stati Uniti e la Francia stabilirono un ampio programma per la costruzione della bomba atomica di Teheran. Si era supposto, data la storia del paese, che l’Iran non fosse uno Stato espansionista, e che le grandi potenze potevano tranquillamente affidargli questa tecnologia.

Questo programma è stato interrotto dagli occidentali, all’inizio della rivoluzione islamica, e ha portato a un lungo contenzioso finanziario circa la società Eurodif. Secondo le autorità iraniane, non è mai stato ripreso.

L’Ayatollah Khomeini e i suoi successori hanno condannato la produzione, lo stoccaggio, l’uso e la minaccia di usare armi nucleari, come contrari ai loro valori religiosi. Credono che sia moralmente inaccettabile usare armi di distruzione di massa che uccidono indiscriminatamente militari e civili, sostenitori e critici di un governo. Questo divieto è stato convertito in legge con il decreto del Leader Supremo della Rivoluzione, l’Ayatollah Khamenei, il 9 agosto 2005.

I leader iraniani hanno già dimostrato la loro obbedienza a questo principio, e il popolo iraniano l’ha già pagato a caro prezzo. Fu durante la guerra lanciata dall’Iraq contro il paese (1980-88). Saddam Hussein lanciò missili non guidati sulle città iraniane. L’esercito iraniano reagì allo stesso modo, fino a quando l’Imam Khomeini intervenne. Fece cessare i lanci, in virtù di questo principio, vietando di attaccare indiscriminatamente le città nemiche. Il paese fece la scelta di sopportare una guerra più lunga, piuttosto che vincere con le armi non mirate [4].

Considerato il modus operandi del paese, non sembra possibile che delle persone abbiano ignorato il consiglio teologico e la memoria dei martiri di questa guerra, per attuare a un vasto programma segreto di ricerca e produzione della bomba atomica.

La posizione iraniana precede il diritto internazionale. Questo perché fino al 1996, la Corte Internazionale di Giustizia dell’Aja ha dimostrato che la distruzione di massa è criminale, e che il principio della dissuasione nucleare, vale a dire la minaccia di commettere un crimine, è un crimine in sé [5]. Tuttavia, il parere della Corte non è vincolante, è solo una consulenza, le grandi potenze non ne sanno che farsene [6].

Il mito di un programma di armamento nucleare iraniano è stato coniato dagli anglosassoni, dopo la loro invasione dell’Afghanistan e dell’Iraq. La loro pianificazione strategica prevedeva di mettere ulteriormente l’Iran tra le tenaglie dei suoi due vicini. In questo periodo, i servizi degli Stati Uniti e del Regno Unito hanno divulgato informazioni false su di esso, come hanno fatto col presunto programma di armi di distruzione di massa di Saddam Hussein. I dati trasmessi agli alleati e alla stampa spesso sono stati forniti da un gruppo di esuli iraniani, i Mujahidin del Popolo. Venne fuori che questi esuli inventavano le loro informazioni, se e quando necessario. Inoltre, essi vivevano in Iraq e, anche con il sostegno dei famigliari locali, non sono riusciti a penetrare l’organizzazione altamente compartimentata delle Guardie Rivoluzionarie iraniane. Oggi, gli esperti statunitensi concordano sul fatto che questa fonte è stata inutile. Solo i neo-conservatori e i servizi segreti francesi, che proteggono la sede mondiale dei Mujahideen in Francia, continuano a crederci [7]. Questa bufala è stata utilizzata come riferimento alla votazione delle risoluzioni 1737 (23 dicembre 2006) [8] e 1747 (24 marzo 2007) [9].

Le accuse contro l’Iran sono state abbandonata da Washington, il 3 dicembre 2007, quando il Direttore Nazionale dell’Intelligence, vice ammiraglio John Michael McConnell, ha reso pubblica una relazione di sintesi. Si apprendeva che l’Iran aveva cessato qualsiasi programma nucleare militare da anni, e che se l’avesse rilanciato, in ogni caso, non avrebbe potuto produrre una bomba atomica entro il 2015, almeno [10]. Con la pubblicazione di questo rapporto, McConnell non puntava semplicemente a porre fine alla controversia, ma intendeva soprattutto – in linea a un gruppo di alti ufficiali raccolti intorno al vecchio generale Brent Scowcroft – fermare la guerra proposto contro l’Iran, non avendo gli Stati Uniti, temporaneamente, i mezzi economici e militari [11]. I nostri lettori si ricorderanno che ho analizzato quei fatti nelle nostre colonne, annunciando il cambio di politica a Washington, sei ore prima della pubblicazione a sorpresa di questa relazione [12].

Un accordo fu raggiunto tra il comandante del Centcom, l’ammiraglio William Fallon, e la sua controparte iraniana, con il concorso del Segretario alla Difesa Robert Gates, sotto la supervisione del mentore degli alti ufficiali, il generale Scowcroft. Uno scenario di intesa era stato concordato, per consentire l’uscita degli Stati Uniti dall’Iraq a testa alta. Tuttavia, il clan Bush-Cheney, che ancora sperava nella guerra, riuscì a far passare nuove sanzioni contro l’Iran, con la risoluzione 1803 (3 marzo 2008) [13], immediatamente seguito dalle dimissioni dell’ammiraglio Fallon [14]. Ancora una volta, i nostri lettori ricorderanno questo episodio che ho descritto in dettaglio nelle nostre colonne [15].

Infine, c’era il tentativo del clan Bush-Cheney di scavalcare l’opposizione dello stato maggiore degli stati uniti, affidando l’attacco contro l’Iran a Israele. In questa prospettiva, Tsahal aveva affittato due basi aeree militari in Georgia, da cui i bombardieri avrebbero potuto colpire l’Iran, senza bisogno di rifornimento in volo. Ma aimè!, questo progetto fu improvvisamente interrotto dalla guerra in Ossezia del Sud, e dal bombardamento delle basi israeliane in Georgia da parte della Russia.

In definitiva, il generale Scowcroft e il suo protetto, Barack Obama, hanno recuperato questa polemica e l’hanno utilizzata per promuovere i loro piani. Non si tratta più di preparare una guerra contro l’Iran, ma di esercitare una forte pressione su Teheran per costringerla a collaborare con gli Anglo-Sassoni, in Afghanistan e in Iraq. Infatti, le forze occidentali sono impantanate nei due teatri di operazioni, mentre gli iraniani hanno leve potenti sulla popolazione azera dell’Afghanistan e gli sciiti iracheni. Così, il generale Scowcroft, che ha sgonfiato il mito del nucleare iraniano nel dicembre 2007, e ha ricevuto come un schiaffo le sanzioni contro l’Iran del marzo 2008, divenne il propagandista di queste stesse sanzioni del 2010.

L’indipendenza energetica dei paesi emergenti

Per 60 anni, l’Iran s’è preoccupato per la sua indipendenza energetica. Sotto la monarchia imperiale, il primo ministro Mohammed Mossadeq nazionalizzò l’Anglo-Iranian Oil Company, ed espulse la maggior parte dei consulenti e dei tecnici britannici. Nella sua mente e in quella di altri soggetti dello Scià, non c’era tanto quello di recuperare una manna finanziaria, ma di appropriarsi dei mezzi dello sviluppo economico. Il petrolio iraniano garantirebbe la crescita dell’industria iraniana. Londra si ritenne parte lesa, e portò la questione davanti alla Corte internazionale di giustizia dell’Aia. E perse. Gli inglesi poi interpellarono gli Stati Uniti per organizzare un colpo di Stato [16]. Alla fine dell’”Operazione Ajax“, Mossadegh fu arrestato, mentre l’ex generale filo-nazista Fazlollah Zahedi gli succedette. Il regime dello Shah divenne il regime più repressivo del pianeta.

La Rivoluzione islamica, che rovesciò lo Scià, riprese per conto questa esigenza d’indipendenza energetica. Anticipando l’esaurimento delle sue risorse petrolifere, Teheran integra il suo ampio programma di ricerca scientifica e il lavoro tecnico per l’industria nucleare. Tanto più che, secondo i geologi iraniani, il paese è pieno di uranio sfruttabile, una ricchezza più importante di petrolio. Non disponendo di combustibile nucleare, Teheran l’ottenne dal presidente Raul Alfonsin. Tre accordi con l’Argentina sono stati firmati nel 1987 e nel 1988. Le prime consegne di uranio arricchito al 19,75% avvennero nel 1993 [17]. Ma questi accordi sono stati interrotti dagli attentati di Buenos Aires nel 1992 e nel 1994, imputati all’Iran, ma probabilmente perpetrati dal Mossad, che si era stabilito nel paese durante la dittatura del generale Videla [18].

Nel 2003, l’Iran ha firmato il protocollo aggiuntivo del trattato di non proliferazione nucleare, che tiene conto del progresso scientifico. Secondo le nuove disposizioni, il firmatario deve notificare all’International Atomic Energy Agency gli impianti nucleari in costruzione, mentre in passato, doveva notificarlo sei mesi prima dell’attivazione. Con il cambio delle regole, Teheran confermò la costruzione in corso dei nuovi impianti di Natanz e Arak. Il protocollo aggiuntivo non prevedendo un regime transitorio nel passare da uno all’altro sistema giuridico, il presidente Mohammad Khatami si accordò nel discutere i dettagli con il gruppo di contatto composto da Unione europea, Germania, Francia e Regno Unito (UE+3), e a sospendere l’arricchimento dell’uranio come segno di pacificazione.

Eletto presidente a metà del 2005, Mahmoud Ahmadinejad credette che il suo paese aveva dato tempo sufficiente all’AIEA per effettuare le ispezioni necessarie per la transizione, e il Gruppo dei Tre deliberatamente procrastinò indefinitamente la moratoria iraniana. Quindi si decise di riprendere il processo di arricchimento dell’uranio. Da quel momento, gli europei – che vedono con disprezzo l’Iran come il “regime dei mullah” [19] – incolparono gli iraniani per non aver mantenuto la parola data. L’amministrazione Ahmadinejad afferma in proposito che, come tutti i governi del mondo, è vincolata dai trattati ratificati dal Parlamento, ma non dalla politica dell’amministrazione precedente. Questo è l’inizio del conflitto legale. Germania, Francia e Regno Unito ottengono il sostegno del G8 e convincono il Consiglio dei governatori dell’AIEA a deferire la controversia al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Il voto del consiglio di amministrazione (4 Febbraio 2006) prefigura quella del Consiglio di sicurezza del 9 giugno 2010. Le grandi potenze fanno blocco, mentre Cuba, Siria e Venezuela votano contro.

Furiosa per essere stata umiliata, l’amministrazione Ahmadinejad ha deciso di ritirare la firma iraniana del protocollo aggiuntivo. Il ritiro annulla gli impegni dell’amministrazione di Khatami e chiude la polemica con il gruppo UE-3. Il Consiglio di sicurezza rispose chiedendo una nuova sospensione dell’arricchimento dell’uranio (risoluzione 1696 del 31 luglio 2006) [20]. Nel diritto internazionale, la risoluzione non ha alcun fondamento giuridico. La Carta delle Nazioni Unite non autorizza il Consiglio di Sicurezza ad imporre a un suo stato membro, che dispone dei propri diritti, di “ripristinare la fiducia” degli altri verso di esso. Pertanto, l’Iran – supportato da 118 stati non allineati-, si rifiutava di conformarsi alle esigenze successive del Consiglio, in virtù dell’articolo 25 della Carta. Essa prevede che gli stati membri sono obbligati ad accettare le decisioni del Consiglio quando sono coerenti con la Carta. A poco a poco, il dibattito giuridico internazionale si è spostato dal controllo da parte dell’AIEA del programma iraniano, in uno scontro tra grandi potenze e potenze emergenti. O meglio, si è tornato al punto di partenza degli anni ’50; la questione del controllo da parte dell’AIEA è solo un episodio della lotta delle potenze dominanti al Terzo Mondo.

Dopo il petrolio, l’uranio

Il confronto tra il comportamento delle grandi potenze per il petrolio iraniano, ieri, e la loro risposta all’uranio iraniano, oggi, è impressionante.

Dopo la seconda guerra mondiale, gli Anglo-Sassoni avevano imposto dei contratti-capestro all’Iran, per estrarre il petrolio senza pagare un prezzo equo [21]. Essi hanno, inoltre, impedito all’Iran di acquisire grandi raffinerie per lavorarlo. In tal modo, gli iraniani dovettero importare a prezzi elevati la benzina che la British Petroleum produceva, raffinando all’estero il petrolio che gli aveva rubato.

Oggi, le grandi potenze vorrebbero impedire all’Iran di arricchire il suo uranio per farne un carburante. Così, il paese non sarebbe in grado di utilizzare la propria ricchezza mineraria e sarebbe costretto a venderlo a prezzi bassi. Nel del 2006, gli Anglo-Sassoni hanno fatto approvare dal Consiglio di Sicurezza una risoluzione che chiedeva all’Iran di sospendere le sue attività connesse con l’arricchimento, comprese la ricerca e lo sviluppo. Quindi, avevano offerto agli iraniani di comprare il loro uranio grezzo e rivenderglielo come uranio arricchito. La reazione di Mahmoud Ahmadinejad a tale ricatto è esattamente la stessa di quella di Mohandas K. Gandhi in una situazione simile. I britannici avevano proibito agli indiani di filare il cotone. Lo compravano, dunque, così a buon mercato una materia prima che non potevano utilizzare, per poi rivenderglielo a un prezzo elevato come tessuti di cotone filati a Manchester. Il Mahatma Gandhi violò la legge imperiale sulla filatura del cotone grezzo, e lo filò egli stesso su una rocchetta rudimentale, che divenne il simbolo del suo partito politico. Identicamente, gli inglesi s’erano arrogati il monopolio della produzione del sale e applicavano una tassa esorbitante sul questo prodotto di prima necessità. Gandhi infranse la legge imperiale, attraversando il paese con una marcia epica, andando egli stesso a raccogliere il sale. E’ attraverso questo tipo di azione che l’India ha riacquistato la sua sovranità economica.

Le dichiarazioni sorprendenti di Mahmoud Ahmadinejad, durante l’attivazione delle centrifughe, deve essere intesa in questo contesto. Essi esprimono la volontà dell’Iran di usare le proprie risorse minerarie e, quindi, ottenere l’energia necessaria per il proprio sviluppo economico. Inoltre, nessuna disposizione del Trattato di non proliferazione vieta a chiunque di arricchire l’uranio [22].

Il Protocollo di Teheran

In occasione del vertice di Washington in materia di sicurezza nucleare (12 e 13 aprile 2010), il presidente brasiliano Lula da Silva prestò i suoi buoni uffici al suo omologo statunitense. Egli chiese quali azioni sarebbero in grado di ripristinare la fiducia e fermare la spirale di risoluzioni del Consiglio di Sicurezza. Lula da Silva, che aspira a diventare segretario generale delle Nazioni Unite, agiva in qualità di intermediario tra le potenze grandi e piccole. Sorpreso, Obama ha fornito la sua risposta, finalmente, inviando una lettera, il 20 aprile [23]. Esso indicava che un provvedimento negoziato nel novembre 2009, poi abbandonate, avrebbe potuto fare al caso. L’Iran avrebbe potuto scambiare uranio arricchito a sufficienza contro uranio debolmente arricchito. Questo scambio poteva avvenire in un paese terzo, la Turchia, per esempio. Teheran poteva fornire combustibile al reattore a fini medici, senza bisogno di arricchire l’uranio da sè. Una lettera simile è stata inviata da Obama al suo omologo turco, ma non è stata resa pubblica. Il presidente brasiliano è andato subito a Mosca, dove in una conferenza stampa congiunta (14 maggio), il presidente Medvedev ha confermato che dal punto di vista russo, anche questa misura sarebbe stata considerata una soluzione accettabile [24].

Lula da Silva raggiunse il primo ministro turco a Teheran, e firmò il documento atteso con il presidente Ahmadinejad (17 maggio) [25]. Fatto questo, Mahmoud Ahmadinejad ha confermato che se l’accordo viene attuato, il paese non avrà bisogno di arricchimento, ma per evitare un possibile rottura del protocollo, deve imparare a padroneggiare questa tecnica. L’Iran continuerà la sua ricerca. Con un voltafaccia, Washington ha presentato al Consiglio di Sicurezza una bozza di risoluzione che venne negoziata in anticipo con gli altri membri permanenti. Dopo tre settimane di teatro, questo testo appena emendato fu discusso dal Consiglio. Per la forma, i negoziatori occidentali a Teheran faxarono i loro commenti sul protocollo, quattro ore prima della riunione [26]. Non volevano un accordo provvisorio, pretendevano che l’Iran rinunciasse alla tecnologia dell’arricchimento. La risoluzione 1929 fu adottata, anche da Russia e Cina (9 giugno) [27]. Per il Brasile, la Turchia, l’Iran e 118 non allineati loro sostenitori, il colpo fu grave. E’ chiaro che gli interessi delle grandi potenze non è quello di impedire all’Iran di arricchire l’uranio per fabbricare bombe, ma impedire che abbia la padronanza di una competenza che garantisca la sua indipendenza.

Le conseguenze della risoluzione 1929

Nei giorni seguenti, i leader russi fecero intravedere i loro disaccordi interni. Una cascata di dichiarazioni contraddittorie, di smentite e conferme, che l’embargo a norma della risoluzione 1929 si applicava anche ai missili russi S-300, in corso di consegna. Infine il presidente Medvedev tagliava corto: la fornitura delle armi anti-aeree è sospesa, il che significa che dal punto di vista tecnico, un possibile bombardamento dell’Iran rimarrà una opzione militare credibile. Continuando il suo slancio, alle sanzioni delle Nazioni Unite, Washington aggiunge le sue sanzioni, e l’Unione europea fa altrettanto. Questo nuovo regime mira a privare l’Iran dell’energia per la sua economia. E’ vietato alle società con interessi in Occidente, fornire benzina raffinata o altro combustibile a Teheran [28]. La prima conseguenza di queste misure unilaterali, la Total è costretta a ritirarsi dall’Iran. Il ministro degli esteri brasiliano, Celso Amorim, ha annunciato, nel frattempo, che le imprese agro-alimentari nel suo Paese non possono correre il rischio di fornire alcol all’Iran. Tante interruzioni che sono dei disastri economici non solo per gli iraniani, ma anche per i francesi e i brasiliani.

Mosca ribolle. I sostenitori del primo ministro Vladimir Putin si sentono presi in giro. Per loro, le sanzioni contro l’Iran non devono destabilizzare il paese. Avevano accettato la posizione del presidente Dmitry Medvedev sulla cooperazione con gli Stati Uniti, a condizione che le sanzioni fossero limitate a quelle delle Nazioni Unite. Ora sono di fronte al fatto compiuto: la risoluzione del Consiglio di sicurezza serve come giustificazione per l’azione unilaterale da parte di Washington e Bruxelles nel strangolare l’Iran. In un’audizione al Senato, il Segretario alla Difesa degli USA, Robert Gates, si prende gioco della confusione che circonda il Cremlino e il suo “approccio schizofrenico” alla questione iraniana. Nel proseguire lo slancio, la Germania è la più zelante. La Cancelliera Angela Merkel fa confiscare le attrezzature per la costruzione della centrale nucleare civile di Busher e fa interrogare gli ingegneri russi che li assemblano. La tensione monta a Mosca, e l’ambasciatore Churkin fa appello alla ragione dei suoi colleghi del Consiglio di sicurezza.

A Pechino, le cose non sono chiare. La Cina ha accettato di votare la risoluzione 1929, in cambio della rinuncia di Washington a nuove sanzioni contro la Corea del Nord. Pechino, che si ritiene sia in grado di difendere Teheran e Pyongyang, ha inutilmente perso terreno mentre gli Stati Uniti ripropongono la mascherata al vertice del G8 a Toronto.

In un comunicato, il Consiglio Supremo (iraniano) di sicurezza nazionale sottolinea che il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite non era competente nell’adottare la risoluzione 1929 [29]. Facendo eco, il presidente venezuelano Hugo Chavez ha annunciato che il suo paese non applicherà una decisione senza fondamento legale. In particolare, Caracas fornirà a Teheran la benzina e offrirà servizi bancari che oggi le sono negati. L’Iran decide di mostrare la propria contrarietà col rinvio di un mese di ogni nuovo negoziato, imponendo le condizioni per la ripresa dei colloqui. Invertendo la retorica dominante, Teheran ha accettato di discutere l’attuazione del trattato di non proliferazione nucleare, al fine di ripristinare la “fiducia” con l’Occidente, a condizione che esso “ristabilisca la fiducia” con l’Iran e i non allineati. Per fare ciò, il Presidente Ahmadinejad richiede ai negoziatori di fare una dichiarazione che non dovrebbe porre problemi, se sono sinceri, ed eliminerebbe il sospetto dei “due pesi, due misure”: devono chiedere a Israele di firmare il TNP (e accettare quindi il regime delle ispezioni dell’AIEA e la denuclearizzazione graduale) impegnandosi ad applicare il TNP (cioè, iniziare da ora a distruggere le loro scorte di armi nucleari).

Visto dal lato occidentale, questa risposta sembra dilatoria: Teheran pone condizioni irrealistiche manifestando la volontà di rompere. Visto dal Terzo Mondo, Teheran espone la contraddizione fondamentale del TNP, che consente da oltre quarant’anni alle grandi potenze di mantenere il loro vantaggio nucleare, militare e civile, di dominare il mondo, evitando alle potenze emergenti di entrare nel club nucleare. Non sorprende che Washington abbia risposto rilanciando la polemica. Il direttore della CIA, Leon Panetta, ha detto in una trasmissione televisiva, che secondo informazioni recenti, l’Iran avrebbe ora avere abbastanza uranio arricchito per produrre bombe [30]. L’accusa è sciocca, visto che l’Iran ha solo uranio arricchito a meno del 20%, mentre le bombe atomiche sono realizzate con uranio arricchito al 70%, addirittura all’85%.

Indipendentemente dai fatti e dalla logica, “La sopravvivenza del più forte è sempre la migliore.”

Conclusioni

A 31 anni dall’inizio della Rivoluzione Islamica, l’Iran non ha deviato dalla sua traiettoria. Nonostante la guerra per procura che le grandi potenze hanno condotto, nonostante l’embargo e le sanzioni di ogni genere, continua a mettere in discussione l’architettura delle relazioni internazionali e a lottare per la sua indipendenza, e quella di altre nazioni. Se si rileggono a posteriori gli interventi dei leader e dei diplomatici iraniani presso le Nazioni Unite, si osserva il continuo denunciare dell’egemonia che le grandi potenze hanno sul resto del mondo attraverso il loro seggio permanente e il loro diritto di veto nel Consiglio di sicurezza. E se si rilegge la stampa occidentale, si osserva che imbastisce scandali successivi, per non rendere conto delle proposte dei diplomatici e funzionari iraniani [31].

In questo contesto, la posizione dell’Iran sul nucleare non è cambiata, ma si è approfondita. L’Iran ha proposto un Medio Oriente zona libera dal nucleare e Teheran ha continuato a portare avanti questo progetto, che è solo ora al vaglio delle Nazioni Unite, nonostante l’opposizione feroce di Israele [32]. L’Iran ha preso numerose iniziative per assicurare che gli stati del Terzo Mondo avanzino le loro opinioni sul nucleare, l’ultima delle quali la Conferenza internazionale sul disarmo nucleare, che è stata organizzata nell’aprile 2010 [33].

In questo caso, il problema centrale non è l’Iran, ma il rifiuto delle grandi potenze a rispettare gli obblighi dei firmatari del trattato di non proliferazione nucleare: distruggere il più velocemente i loro arsenali nucleari. Ma c’è molta strada da fare, l’amministrazione Obama ha rilasciato la sua nuova dottrina nucleare, in cui si prevede di utilizzare le armi nucleari non solo per rispondere a un attacco nucleare, ma come primo attacco contro stati non nucleari che gli resistono.


* Thierry Meyssan, analista e saggista francese, è fondatore dell’associazione Réseau Voltaire. Su “Eurasia” ha pubblicato L’esperienza politica africana di Barack Obama (nr. 3/2009)


Note

[1] «White House Fact Sheet on the new UN Security Council Sanctions on Iran», Voltaire Network, 10 giugno 2010.

[2] Vedasi il resoconto della seduta relativa alla Risoluzione 1929, Réseau Voltaire, 9 giugno 2010.

[3] In Francia, sotto l’Ancien Régime, la società era divisa in tre ordini: la nobiltà, il clero e il Terzo stato. Quest’ultimo era stato privato di ogni potere politico, anche se rappresentava il 95% della popolazione.

[4] «Iran does not need military coalition», Kourosh Ziabari, Voltaire Network, 2 aprile 2010.

[5] «Licéité de la menace ou de l’emploi d’armes nucléaires», parere consultivo dell’8 luglio 1996, Corte internazionale di giustizia, C.I.J. Recueil 1996, p. 226.

[6] «La dissuasion nucléaire est contraire au droit international», Francis Boyle, Réseau Voltaire, 21 ottobre 2009.

[7] Vedasi il nostro dossier «Mujahedin-e Khalq».

[8] «Résolution 1737 du Conseil de sécurité», Réseau Voltaire, 23 dicembre 2006.

[9] «Résolution 1747 du Conseil de sécurité», Réseau Voltaire, 24 marzo 2007.

[10] «Iran: intentions et possibilités nucléaires», estratti del National Intelligence Estimate (NIE), Réseau Voltaire/Horizons et débats, 17 dicembre 2007.

[11] «Pourquoi McConnell a-t-il publié le rapport sur l’Iran?», Réseau Voltaire/Horizons et débats, 17 dicembre 2007.

[12] «Washington décrète un an de trêve globale», Thierry Meyssan. Réseau Voltaire, 3 dicembre 2007.

[13] «Résolution 1803 du Conseil de sécurité», Réseau Voltaire, 3 marzo 2008.

[14] «Pourquoi William Fallon a-t-il démissionné?», Réseau Voltaire/New Orient News, 14 marzo 2008.

[15] «La démission de l’amiral Fallon relance les hostilités en Irak», Thierry Meyssan, Réseau Voltaire, 13 marzo 2008.

[16] All The Shah’s Men: An American Coup and the Roots of Middle East Terror, Stephen Kinzer (John Wiley & Sons, 2003).

[17] «Iran looks to Argentina for nuclear fuel», Kaveh L Afrasiabi, Voltaire Network, 9 novembre 2009.

[18] «Washington veut réécrire les attentats de Buenos-Aires», Thierry Meyssan; «Des attentats sous fausse bannière en Argentine: 1992 et 1994», James Fetzer e Adrian Salbuchi; Réseau Voltaire, 13 luglio 2006 e 9 novembre 2009.

[19] Questa espressione fa sorridere. Infatti, Mahmoud Ahmadinejad rappresenta i veterani della guerra Iran-Iraq e decisamente non l’alto clero sciita, che gli è in gran parte contrario.

[20] «Résolution 1696 du Conseil de sécurité», Réseau Voltaire, 31 luglio 2006.

[21] «BP-Amoco, coalition pétrolière anglo-saxonne», Arthur Lepic, Réseau Voltaire, 10 giugn o2004.

[22] «Traité sur la non-prolifération des armes nucléaires (TNP)», Réseau Voltaire.

[23] «Letter to Lula da Silva», Barack Obama, Voltaire Network, 20 aprile 2010.

[24] «Joint News Conference», par Dmitry Medvedev et Luiz Inácio Lula da Silva, Voltaire Network, 14 maggio 2010.

[25] «Joint Declaration by Iran, Turkey and Brazil on Nuclear Fuel», Voltaire Network, 17 maggio 2010.

[26] «Vienna Group’s Answer to Joint Declaration of Teheran», Voltaire Network, 9 giugno 2010.

[27] «Résolution 1929 du Conseil de sécurité», Réseau Voltaire, 9 giugno 2010.

[28] L’Iran è stato che esporta petrolio, ma, dato l’embargo cui è oggetto sin dall’inizio della Rivoluzione islamica, non ha raffinerie e deve importare la benzina.

[29] «The Islamic Republic of Iran’s Declaration in Response to Resolution 1929», Voltaire Network, 18 giugno 2010.

[30] Intervista di Leon Panetta con Jake Tapper, This Week, ABC, 27 giugno 2010.

[31] Il lettore si ricorda forse come la Francia aveva creato un Segretariato di Stato per i diritti dell’uomo, la cui attività principale era quella di sabotare il coinvolgimento iraniano alla Conferenza di Ginevra contro il razzismo (nota come “Durban II“) . La segretaria di Stato Rama Yade aveva dato un badge diplomatico agli attivisti sionisti per interrompere il discorso del presidente iraniano, mentre gli ambasciatori delle potenze europee lasciavano la sala, in base a una messa in scena predeterminata. Il lettore può leggere il discorso di Ahmadinejad e valutarlo alla luce di ciò che deve essere analizzato. Si concentri sul ruolo del Consiglio di Sicurezza sull’impunità dell’apartheid israeliano (Vedasi: «Discours à la conférence de Durban II», Mahmoud Ahmadinejad, Réseau Voltaire, 20 aprile 2009.

Per completare tale censura, l’ufficiale francese Bruno Guigne, che si era pubblicamente indignato per la farsa mediatica della cosa, è stato immediatamente destituito dal presidente Sarkozy (leggasi: «Quand le lobby pro-israélien se déchaîne contre l’ONU», Bruno Guigne, Réseau Voltaire, 24 marzo 2008.

[32] «Capacité nucléaire israélienne», Résolution adoptée à la dixième séance plénière de l’AIEA, Réseau Voltaire, 18 settembre 2009. «Application des garanties de l’AIEA au Moyen-Orient», Résolution adoptée à la neuvième séance plénière, Réseau Voltaire 17 settembre 2009. «Création d’une zone exempte d’armes nucléaires au Moyen-Orient», Rapport présenté par la République islamique d’Iran à la Conférence des Parties chargée d’examiner le Traité sur la non prolifération des armes nucléaires 2010, Réseau Voltaire, 4 maggio 2010.

[33] «Message à la première conférence internationale sur la désarmement nucléaire», Ali Khamenei; «Address at the International Conference on Nuclear Disarmament», Mahmoud Ahmadinejad; «Address at the International Conference on Nuclear Disarmament», Saeed Jalili ; Réseau Voltaire, 17 aprile 2010.

Traduzione di Alessandro Lattanzio

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